I piedini caldi e curiosi di Claudia

Laura era rimasta bloccata ad Amsterdam. Era partita in viaggio con Giacomo, il suo fidanzato, ma la vacanza si era presto trasformata in un incubo. Durante la prima parte delle ferie, sulla costa ventosa della Normandia, erano state litigate continue. Anche per scegliere dove andare a prendere il caffè la mattina. Poi erano arrivati a Bruxelles, dove avrebbero incontrato alcuni conoscenti di lunga data che si erano trasferiti lì qualche anno fa. Paesani li chiamava Giacomo, e non si era tirato indietro quando i maschi di casa lo avevano invitato a uscire con loro una sera, a ballare in una sexy disco, con tanto di ragazze in lap-dance. Dopo aver perso il contatto con gli altri nel corso della notte brava, Giacomo era tornato a casa ubriaco da solo in taxi alle sei di mattina.

Laura si era svegliata allarmato, correndo in bagno per per aiutarlo a vomitare, ed aveva scoperto tracce di rossetto tutto intorno al collo e più in basso, fra le gambe, all’altezza del pube. Lo aveva portato a letto e si era messa ad urlare inviperita, con tutto il fiato che aveva in corpo, cominciando a battere i pugni sul petto di lui che, ormai svenuto, ronfava sonoramente. Lei era lì, a spogliarlo, a mettergli il pigiama, e lui russava. L’aveva appena tradita, molto probabilmente con una baldracca.
Quella notte Laura non aveva dormito ed alle prime luci dell’alba aveva raccolto le sue cose per sgattaiolare via per sempre da quella storia, da quella vacanza.

Fuori pioveva, in tasca le erano rimasti pochi spiccioli, il biglietto del treno per il ritorno a Venezia e cento euro sulla carta di credito, per le emergenze. Se voleva raggiungere Amsterdam da sola – doveva farlo, perché il convoglio sarebbe partito da lì, avrebbe dovuto imparare a tenere il pollice alzato. Si ricordò di un grande benzinaio con molti camion in sosta, che aveva visto subito sull’ingresso della città. Lo raggiunse e cercò di capire quali camion fossero diretti nei Paesi Bassi. Molti camionisti non le risposero, altri stavano dormendo, alla fine un tipo piccoletto, un greco sui quarantanni con la pancia tonda e sporgente, si offrì di portarla nella capitale olandese. Salì tutta infreddolita con la sua valigia in mano e lui la squadrò subito dalla testa ai piedi. Le dette la mano, poi le sorrise, le passò una coperta di lana che teneva a bordo mettendo in moto il mezzo. Durante il viaggio Peter, il camionista polacco, parlava poco e d’altronde, non sapendo una parola di polacco, Laura avrebbe capito poco. Ascoltava la radio e guidava fischiettando.
Laura aveva le scarpe bagnate, non ne poteva più. Visto che lui sembrava non fregarsene troppo, se le tolse scoprendo che anche le calze erano davvero zuppe. Si tolse anche quelle e denudò i suoi piedini bianchi ed odorosi di umido. Appena lo fece lui si girò di scatto, inebriato da quella visione.
Qualche minuto dopo il camion si fermò in un’area di servizio e Peter invitò Laura a seguirla massaggiandosi vistosamente la pancia. Le offrì il pranzo ed alla fine volle a tutti i costi regalarle un pacchetto di sigarette, anche se lei non fumava. Ripartirono e Laura, un poco appesantita dal pasto, si appoggiò al comodo schienale del camion cominciando a sonnecchiare. Si tolse le scarpe ed appoggiò i piedi sul sedile a pochi centimetri da Peter che guidava tutto contento.
Quando si svegliò, circa mezzora dopo, notò un leggero formicolio piacevole provenire dai suoi piedini. Poi si accorse che lui le aveva tolto una calza e le stava tenendo in mano un piede, massaggiandolo con cura e devozione. Fece per ritirarlo ma poi cambiò idea. Tirò nuovamente la testa indietro fingendo di continuare a dormire. Ma piano piano, allungando le gambe, si avvicinò fino a toccare con le suole lisce dei suoi piedini il gran pacco di Peter. Ce lo aveva duro, come immaginava. Prese a strusciare su e giù lentamente, quasi per non farsi scoprire. Poi con il pollicione individuò la cappella turgida di lui che premeva da sotto i pantaloni e prese a stuzzicarla con maggiore impegno. A questo punto lui doveva aver capito che non stava dormendo. O quantomeno stava facendo un bel sonno.
Peter si sbottonò lentamente i calzoni, nel mentre impostava sul volante del camion la maggiore aderenza del pilota automatico. Appena lo sentì aprirsi il pacco l’arrapatissima Laura vi intrufolò dentro un piedino e poté finalmente sentire il bollore che emanava dalla sua pelle. Il suo cazzo sbrodolava già caldi lapilli di trasparente liquido seminale, che in quel caso sarebbe servito da ottimo lubrificante. Prese a sfregarlo con tutta la pianta del piede, scendendo lentamente fin sotto i testicoli bollenti del camionista, che ansimava già pesantemente sollevando le chiappe per lasciare che i suoi piedini si muovessero più liberamente. Lei con il pollice e la parte calda della pianta stimolava la sua secrezione di spermatozoi nelle palle. Durò in quel modo per circa dieci minuti, mentre lei si strusciava in footjob con sempre maggiore insistenza, ben decisa a farlo sborrare il più presto possibile. Le riempì le dita dei piedi di dolce seme caldo e lei mentre veniva continuò a massaggiargli la cappella, spargendo tutta quella sborra in ogni dove.
Quando ebbe finito tirò indietro i piedini e senza pulirli li rimise soto la coperta, rimettendosi a dormire. Dopo un po’ arrivarono ad Amsterdam e Laura salutò Peter il camionista dandogli un timido bacetto sulla guancia e ringraziandolo, portandosi via un po’ del suo sperma secco nelle scarpe.

Nei giorni seguenti cercò anzitutto di trovare qualcuno che la potesse ospitare. Si truccò tutta, mettendosi un paio di calzoni che mettevano in risalto il suo culetto a punta e voglioso, e si diresse in un famoso club techno della città. Dopo poco, aveva già gli occhi di diversi bei maschioni addosso e si divertì a strusciarsi con loro, sculettando come una vera troia. Uno dopo l’altro se li spupazzò tutti nel ballo, non dimenticandosi di farsi offrire da bere. Alla fine decise di farsi portare a letto da un giovane che sembrava piuttosto facoltoso e lavorava per una grande multinazionale della carta da pacchi. Non erano nemmeno arrivati nel suo albergo che lei si era già intrufolata, con le mani, nel suo pacco. Gli aveva stretto con le mani le palle, per sentire che fossero belle piene.
Arrivati a letto si spogliò e gli mise i capezzoli in bocca, per farseli drizzare. Poi glielo prese in bocca per inumidirlo e sì voltò a pecora invitandolo ad entrare. Il giovane rampollo era dotato di una bella nerchia, un po’ dura nella parte del prepuzio, ma forte e voluttuosa. Nel mentre la sbatteva, Laura alzava i suoi piedini andando a cercare con le dita morbide, i polpastrelli caldi e sottili, le palle di lui, una vera miniera di piacere. Lo aveva stimolato molto e sapeva che di lì a poco lui sarebbe venuto, così lasciò che si svuotasse le spalle sborrandole fra le chiappe e sulla schiena.
Ah, che vacanza! Chissà quando sarebbe tornata a casa!?

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