Lo scienziato e la barista

Il mercoledì sera a Bologna era spesso una di quelle serate da non perdere, quasi meglio del venerdì o del sabato. C’erano i localini più piccoli, i circoletti che facevano delle serate danzanti davvero speciali. Ma Mirco e Daniele avevano già dato, come si dice in gergo. I tempi dell’università, dei bagordi ai festini Erasmus, erano ormai andati. Dopo dieci ore di giornata lavorativa senza soste, i due non desideravano altro che sedersi intorno ad un tavolo con gli amici, in uno dei vecchi bar intorno a via del Pratello, a sorseggiare un bicchiere di fresco Lambrusco o di profumata Barbera. Nella zona intorno alla chiesa di San Francesco era tutto un brulicare di vecchie osterie e baretti, dove si trovavano ancora molti bolognesi doc e tanti ex-studenti rimasti a lavorare nel capoluogo felsineo.

Fra una partita a briscola ed una cicca fumata in piazza, immersi a sentire l’incessante ritmo dei djambè, quel mercoledì i ragazzi avevano tirato a tardi nel bar, fin oltre le due. Erano rimasti fra gli ultimi clienti del locale ed i camerieri stavano cominciando a rassettare, sistemando per il giorno dopo. Per tutta la sera Mirco si era fatto servire dalla stessa ragazza al banco ed aveva provato in ogni modo ad attaccarci bottone. Si chiamava Stella e lui credeva di non averla mai vista in giro prima di allora. Ma aveva le chiare movenze di una cameriera esperta, gentile, sorridente, spedita. Esile nel fisico ma forte e vigorosa con le braccia, Stella era gentile nel servire e nel rispondere, ma non sembrava dare troppa confidenza. Ed era proprio per questo che aveva attirato le attenzioni di Mirco. “Sganciare la barista… devo sganciare la barista…” ripeteva quasi ossessivamente a Daniele nel mentre in un altro angolo del cervello ripassava mentalmente le briscole che erano girate durante quella partita.

Mirco non poteva essere considerato un uomo bello, ma aveva un fascino sorprendente e ci sapeva davvero fare con le donne. Era alto un metro e sessanta, aveva però una corporatura robusta e grosse spalle. Grazie ai suoi lunghi capelli lisci di color castano chiaro raccolti a coda di cavallo, ed i suoi occhi celeste/grigio, la sua presenza risultava quasi imponente, o comunque importante.

E sganciare una barista altro non voleva dire che ‘portarla di qua dal banco a fine serata’, fare in modo che si sciogliesse e magari si facesse offrire una bevuta prima di andare a casa. Che poi Mirco era testardo, e ci sapeva fare soprattutto a leggere negli occhi di una donna. Riusciva a capire se fosse fidanzata, sposata, single, frigida o vogliosa. E sebbene nessuno avesse mai avuto davvero la conferma che Mirco con quelle donne ci andasse davvero a letto, molti erano pronti a testimoniare che alla fine, insistendo e insistendo, molte bariste era riuscito davvero a sganciarle. Sembrava quasi godere della loro trasformazione. Prima tutte serie e distaccate – dovevano mantenere il massimo riserbo con i clienti durante il lavoro, poi persone normali che rientravano nei loro panni, nella loro umanità. Stella non faceva eccezione sotto questo punto di vista. Dopo che Mirco le aveva insistentemente offerto da bere una birra che aveva preso da solo nel frigo del bar, lei, già incappottata, si era seduta ad un tavolino del bar con le luci mezze spente, con l’idea di dare velocemente una momentanea soddisfazione a quell’avventore, senza pensarci su tanto. Però, appena seduta, si era sciolta i capelli. Aveva una chioma fine e setosa, di un castano chiaro scintillante, e profumava di pulito. Lui la incalzava chiedendole quali fossero i suoi hobby preferiti, ma lei rispondeva in maniera elusiva.
Quando lei gli chiese, più per gentilezza che per vero interesse: “Ma tu, precisamente, dov’è che lavori?”, lui le disse subito “vicino Porta Saragozza, all’università”. A lei brillarono subito gli occhi.
“Anche se non sembra, sono un matematico…”.
Ecco, quella era la frase perfetta. Quando la pronunciava e la scandiva con la giusta lentezza era come un dardo infuocato lanciato nel buio di una serata spenta verso l’infinito di una notte di passione. Non si sa come o perché, certe femmine sono come istintivamente attratte da un maschio che pur lavorando con i numeri, non porta occhiali da vista spessi mezzo centimetro e si concede ad una certa vita sociale.
Si alzò verso il banco e spillò due birre cambiando radicalmente espressione nel volto. Adesso era una donna capace di farsi sedurre. Il locale era ormai vuoto e tra gli ultimi se ne era andato Daniele, strizzando l’occhio all’amico. Lei cominciò a raccontare di sé come un fiume in piena e Mirco aveva anche questa splendida capacità, di ascoltare, senza interferire, ma dando grande soddisfazione.
Ad un certo punto, per raccontargli un piccolo segreto, lei gli si sedette in grembo con molta naturalezza. Gli parlava piano rivolta verso l’orecchio, gli raccontava che lei avrebbe voluto fare la ballerina, ma aveva avuto un problema ad un piede e così si era – fortunatamente alla fine, ritrovata a mandare avanti il bar di famiglia. Nel mentre parlava prese ad avvicinarsi al suo collo per scostare i capelli ed annusarlo. Smise di parlare e lo baciò lievemente sul collo con le labbra poco umide. Ad ogni schiocco delle labbra sul collo lui sentiva crescere la bestia nelle mutande, insufflata di sangue che andava via via diradandosi dal cervello.
Di colpo Stella, appoggiata sulle sue ginocchia, prese a baciarlo in bocca, ma nel frattempo si era accorta del rigonfiamento del suo pacco. Con il dito medio lungo ed affusolato cominciò a massaggiare i suoi testicoli dall’esterno dei pantaloni. Mirco era impazzito come un cavallo e le mangiava la lingua in quella slinguata pazzesca.

Stella si alzò per chiudere a chiave la porta del locale e i due amanti folgorati si spostarono su di un divanetto in vimini. Mirco a questo puntò la spogliò con destrezza e tirò fuori uno dei suoi numeri più famosi, il cunnilingus. Era bravo a leccarla, lo faceva lentamente ed a tempo. Lei era già bagnata e lui le spalancò le gambe immergendosi nel suo sesso. Era un po’ pelosetta, ma buona, il suo sesso bianco e rosa sapeva di mela.
Quando sentì che lei era bella cotta, tutta arcuata sulla schiena, tirò fuori la sciabola e cominciò a sbatterle la cappella sopra la fighetta pelosetta. Lei ansimava e gli stringeva le palle dal sotto, invitandolo a far presto, ad entrare. Mirco adesso era pronto. Nitrì come un cavallo sciogliendosi i capelli e montandole sopra la penetrò con il suo cazzo lungo. Era partito subito al trotto e a lei brillavano gli occhi mentre cercava di reggersi ai bordi del divanetto. Dopo quindici minuti buoni di “ponza che te la pongo” lui sentì che era giunto il momento di partire al galoppo. Furono gli ultimi tre minuti di fuoco con il cazzo che stantuffava come una pompa idraulica e Stella che apriva le gambe sempre più lacerata e felice. Ma agli ultimi colpi mentre lui stava per venire, ci fu uno scricchiolio sinistro e di colpo cedette una parte del divanetto di vimini, lasciando i due amanti per terra, col culo graffiato.

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